Far parte di una Società sportiva significa “vivere” all’interno di una seconda famiglia, se poi parliamo di un Circolo di tennis le cose si fanno ancora più “serie”. Mantenere un rapporto di cordialità con tutti è impossibile ma il Regolamento interno ci viene in aiuto e permette a chiunque, dal più timido al più “effervescente” di avere garantito lo stesso “trattamento” e a far sentir tutti uguali.

Il Regolamento comprende praticamente qualsiasi cosa: chi può giocare e quando, come si prenota, come ci si deve vestire, che atteggiamento tenere all’interno degli impianti di gioco e nelle zone limitrofe e anche quanto viene fatta pagare l’ora di gioco che è l’argomento che mi interessa trattare.

Fatta questa premessa, questa mattina ho avuto a che fare con un Socio del Circolo, il quale mi ha espresso il suo disappunto per il “trattamento subito” dal suo Ospite (quindi non Socio), in occasione di un loro incontro tennistico svoltosi presso i nostri campi.

Tutti e due i giocatori sono di buon livello agonistico e per allenarsi, di volta in volta, decidono di andare a giocare in varie strutture, in base alle loro esigenze lavorative visto che entrambi hanno lavori che non rispettano i classici canoni di orari da ufficio e spesso di spostano durante la giornata.

Detto ciò entriamo nello specifico: il Socio mi informa che nel Circolo dell’ospite lui comunque paga da Socio anche se non lo è. Di conseguenza si trova molto a disagio ad invitarlo nel proprio Circolo di appartenenza perché tale “agevolazione” non esiste e mi informa che da ora intende evitare questo problema andando a giocare in un terzo Circolo in cui entrambi pagano il medesimo contributo associativo ora gioco.

Non riesco a capire perché l’ospite agonista non possa pagare da Socio, soprattutto se porta un valore aggiunto di immagine al Circolo e per giunta quando aiuta a migliorare le mie capacità di gioco.

Questa frase mi è rimasta impressa, il ragionamento non fa una piega e in un primo momento pendo per dar ragione al mio interlocutore. Ma poi penso un attimo al perché esista un Regolamento interno, giusto o sbagliato che sia, a come esso sia stato strutturato nel tempo e oggetto di modifiche di volta in volta. Le modifiche però, ho imparato in anni di attività, non devono assecondare i ragionamenti di “pancia” di nessuno. Il Regolamento va strutturato, e ve lo consiglio vivamente, in base alle esigenze del Circolo, in base a chi ci gioca, in base a quello che la Società intende “spingere”.

Una Società che punta sui bambini ad esempio cercherà di agevolare i corsi di tennis con Maestro, dedicherà delle fasce orarie pensate per loro ad un costo più basso.

Se invece si punta sull’attività sociale si cercherà di essere ‘trasparenti’ sui prezzi da applicare ai Soci rispetto ai non Soci, sul metodo di prenotazione che vada ad agevolare i primi rispetto agli ospiti.

Probabilmente la scelta del Circolo citato all’inizio del post è stata quella di agevolare l’attività agonistica puntando sul far giocare i propri atleti senza “distrarli” da concetto Socio-ospite rendendo l’ospite praticamente uno di loro con relativo beneficio di immagine per il Circolo a scapito della differenza di quota associativa da pagare che per loro è un problema marginale.

Rimane da chiedersi se i Soci ne sono al corrente e se sì, se effettivamente ne sono contenti.

Non esiste il Regolamento perfetto ma esistono le persone che hanno l’obbligo di farlo rispettare, quello che conta è che sia chiaro e che a nessuno venga il dubbio che al di fuori di esso esistano altre condizioni non scritte che vengono applicate all’ insaputa dei giocatori, i quali si sentirebbero presi in giro con conseguente caduta di stile del Club.

Spezzo una lancia anche a favore di chi il Regolamento lo pianifica e lo modifica per conto del Direttivo. Una posizione ingrata e soggetta a molte critiche, ma basilare per far crescere un ambiente sportivo sano e che duri nel tempo, quindi avanti tutta ma sempre con un orecchio teso ad ascoltare le esigenze degli utenti che sono la linfa vitale del Club.

Maxsaggia