Settembre

E’ il mese “spartiacque” tra chi, nel futuro prossimo, dovrà coprire il campo e chi invece aspetta solo il ritorno all’ora solare per smettere di giocare all’aperto. Per entrambi l’importante è non rimanere con le mani in mano ed ancora una volta “leggere” la situazione in cui ci si trova, per proseguire le attività nel migliore dei modi.

Campo post pioggia

Stesso campo alcuni giorni dopo, visto dall’esterno

Come comportarsi nel quotidiano

Il campo in terra rossa è appena uscito da un periodo in cui ha fatto in tempo ad indurirsi a dismisura per via del caldo agostano. Se anche dovesse piovere il campo tenderà ad asciugarsi con relativa velocità, limitando gli eventuali giorni di inagibilità della superficie. Controlliamone lo stato con la classica perlustrazione a piedi, calpestandolo e non solo dal di fuori. A bisogno, via di rullo. “Camuffiamo” un’eventuale riga rialzata oppure un campo non proprio integro sotto il profilo degli avvallamenti/buche, con un’aggiunta di terra.

Quale terra?

Mai usare il sottomanto, sarebbe uno spreco e per giunta inutile. Per “coprire” si usa il manto. Esiste però una alternativa valida che fa bene al portafoglio ed al campo allo stesso tempo. Usare la “terra bruciata”. Io definisco “terra bruciata” quel materiale che si è depositato lungo tutto il perimetro di gioco durante la stagione. Tale materiale in teoria dovrebbe essere rimosso con una certa cadenza per garantire al campo un’ottima capacità di scolarsi dall’acqua piovana in tempi ridotti, evitando quindi l’effetto “catino” dovuto all’occlusione dei vari punti di scarico perimetrali. Questa terra di recupero è a costo zero ed essendo praticamente una miscela di manto/sottomanto, sparsa sulla superficie di gioco, ne migliora da subito la giocabilità. Partendo dal presupposto che stiamo parlando di un ipotetico campo post pioggia, la “terra bruciata” permette:

  • Al campo di asciugare prima. rispetto all’utilizzo del solo manto che tende, dopo aver assorbito l’umidità del campo, a diventar fangoso e quindi a ritardarne l’agibilità;
  • Al giocatore di “scivolare” in modo opportuno;
  • Di essere ancora recuperata, una volta che il campo si è ristabilito e risulta palesemente troppo “carico” di terra mobile, per poter quindi sfruttarla in caso di nuovo bisogno.

La “miscela” manto/sottomanto

Non dovrai coprire il campo con un pressostatico?

Bene, sei fortunato. Limitati a fare quello che è doveroso. Rendilo agibile il prima possibile e ricordati di non “svendere” i sacrifici di una stagione. Il campo non merita un’agonia prolungata nel tempo. Se vuoi rovinarlo fallo pure ma devi essere sicuro che quelli saranno gli ultimi giorni in cui farai giocare prima di chiudere. Lo sono? Penso proprio di no, visto che siamo a settembre. Allora tieni duro e ritardane l’apertura giornaliera con le unghie e con i denti, nel caso di campo inizialmente inagibile. Al giocatore non interessa altro che giocare, non aspettarti comprensione.

Devi coprire il campo con il pressostatico?

Allora la storia cambia!!! Da una parte rispetta quanto scritto nel paragrafo precedente. Dall’altra approfitta delle piogge di settembre per recuperare porzioni di campo che non si presentano proprio alla grande per via dell’usura estiva. Un “giretto” con la “Venus terra rossa” o con l’”Arcut 2.0″ possono essere presi in considerazione, come anche un eventuale rifacimento totale. Sarà meno faticoso rompere la “crosta” superficiale e l’operatore ringrazia. Nota: ricordiamoci sempre di avere sotto controllo la situazione meteo. La finestra temporale per rifare un campo è abbastanza chiara, circa 5 giorni con il fai da te. Però attenzione: ci sarà sempre meno caldo rispetto a prima e soprattutto le giornate saranno sempre più corte ed il campo per seccarsi e quindi essere lavorato ha bisogno di luce!!!

Con la pioggia la “scritta” sul campo si è tolta?

Non nego che ogni situazione fa storia a se, ma nel mio caso specifico, la scritta realizzata a maggio, durante un nubifragio settembrino, è stata letteralmente sommersa dalla terra rossa e quindi ho preferito aspettare qualche giorno prima di metterci mano. Nel farlo ho notato che pian piano si andava ad evidenziare una tonalità di colore più chiara proprio sopra l’area delle singole lettere che compongono la mia “scritta”. Dopo pochi giorni, con l’aiuto di una semplice scopa, la “scritta” è emersa in tutta la sua bellezza. Alla vista è risultata perfettamente integra. Pollice in su ragazzi.

La “scritta” sotto terra…

…emerge con una spazzata